lunedì 2 giugno 2014

Cellule staminali del sangue: nuova ricerca San Raffaele-Telethon



Un gruppo di ricercatori dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica (Tiget) di Milano è riuscito per la prima volta a riscrivere il Dna di cellule staminali del sangue umano grazie all’editing del genoma (tecnica introdotta per la prima volta dal premio Nobel Mauro Capecchi) che consente di correggere gli errori direttamente sul gene malato. 

In particolare, grazie a “bisturi molecolari”, gli scienziati sono riusciti a riparare con assoluta precisione il difetto responsabile di una grave immunodeficienza ereditaria, aprendo così le porte all’applicazione sull’uomo, di questo innovativo metodo.

A firmare lo studio, pubblicato su Nature*, sono Luigi Naldini, direttore dell’Istituto San Raffaele- Telethon per la terapia genica e docente dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e Angelo Lombardo, ricercatore presso le stesse Istituzioni. A conferma del valore internazionale della ricerca del Tiget è anche il prestigioso Outstanding Achievement Award, conferito a Luigi Naldini proprio in questi giorni a Washington dalla Società americana di terapia genica e cellulare.

Dopo anni di studi oggi la terapia genica è una realtà che sta cominciando a dare risultati concreti anche sull’uomo. Sono ormai diversi gli studi clinici in corso nel mondo in cui tramite virus opportunamente modificati e resi innocui si possono fornire ai pazienti versioni corrette dei geni che sono difettosi e responsabili di una determinata patologia. Lo scorso luglio su Science un gruppo di ricerca guidato proprio da Luigi Naldini ha dimostrato come questa tecnica rappresenti una speranza concreta per gravissime malattie genetiche dell’infanzia come la leucodistrofia metacromatica e la sindrome di Wiskott-Aldrich.
«Fino ad oggi la terapia genica consisteva soprattutto nell’aggiungere una copia funzionante di un gene quando quello presente era difettoso, usando un virus opportunamente manipolato e reso innocuo; un po’ come usare una stampella quando ci si sia rotti una gamba, – spiega Luigi Naldini, direttore del dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica. Con il nuovo studio pubblicato oggi su Nature abbiamo fatto un importante passo avanti. L’editing del genoma ci consente di correggere direttamente il difetto genetico sul Dna, un po’ come riparare l’osso fratturato. E’ un vantaggio straordinario, perché ci permette di ripristinare non solo la funzione ma anche la naturale regolazione di quel gene – quanto, quando e dove viene espresso – cosa che oggi non possiamo fare fedelmente quando introduciamo con un virus una nuova copia del gene dall’esterno. E abbiamo dimostrato come farlo nelle cellule staminali emopoietiche, le madri di tutte le cellule del sangue ».

Cuore della nuova tecnica molecolare messa a punto sono le endonucleasi artificiali, proteine costruite in laboratorio e usate per indurre la modificazione di una specifica sequenza di Dna e che sono oggi al centro dell’attenzione dei ricercatori di tutto il mondo per le loro potenziali applicazioni nella ricerca. «Le nucleasi artificiali sono costituite da due porzioni distinte, una in grado di legarsi a una precisa sequenza di lettere (basi) sul Dna, che noi scegliamo nel gene da riparare, l’altra di tagliare il Dna e di mettere così in moto i normali meccanismi riparativi della cellula che ricopiano nel sito del taglio una sequenza corretta da noi fornita alla stessa cellula». Spiega Angelo Lombardo, ricercatore dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica premiato alla fine del 2011 come miglior giovane ricercatore dalla Società europea di terapia genica e cellulare, e che già nel 2007 aveva dimostrato insieme a Naldini la potenzialità terapeutica di queste proteine. «In questi anni – prosegue Lombardo – abbiamo studiato come introdurre e far funzionare questa vera e propria “equipe microchirugica” nelle cellule staminali del sangue umano, in modo da correggere difetti responsabili di malattie genetiche».

La ricerca è stata sostenuta dai finanziamenti della Fondazione Telethon, dell’Unione europea e del Ministero della Salute e si è avvalsa anche della collaborazione con una biotech americana, la Sangamo Biosciences.
Fonte://www.hsr.it/

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