venerdì 13 marzo 2015

Tumori, l'ordine delle mutazioni genetiche influenza la malattia


L’ordine di sequenza delle mutazioni del DNA nelle cellule staminali influenza la natura e le manifestazioni di un tumore. Lo dimostra lo studio firmato dai ricercatori del Laboratorio congiunto per le Malattie mieloproliferative croniche della Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi e del Dipartimento di Medicina sperimentale e clinica della Università di Firenze, coordinato da
Alessandro Maria Vannucchi e pubblicato sull’ultimo numero della rivista scientifica New England Journal of Medicine

“I tumori sono il risultato dell’accumulo in una cellula staminale di un certo numero di mutazioni acquisite del DNA, che condizionano lo sviluppo e l’evoluzione della malattia e ne influenzano la presentazione clinica, la risposta alla terapia e la prognosi. - racconta Vannucchi, associato di Malattie del sangue - Non era noto, però, se anche la sequenza temporale con cui le diverse mutazioni vengono acquisite dalla cellula tumorale contribuisca a influenzare tali aspetti.”

Il team di ricercatori fiorentini - di cui fa parte la ricercatrice Paola Guglielmelli - ha collaborato con il Cambridge Institute for Medical Research e con altri laboratori europei, utilizzando come modello di tumore una famiglia di neoplasie ematologiche dette “mieloproliferative croniche”. “Sono tumori della cellula staminale emopoietica - spiega il docente - comprendenti forme diverse: la policitemia vera e la trombocitemia essenziale, che sono accomunate, anche se in percentuali diverse, dalla presenza di una mutazione (denominata V617F) nel gene JAK2.”

Per lo studio sono stati selezionati i pazienti che presentavano contemporaneamente la mutazione JAK2V617F e un’altra mutazione del gene TET2. L’analisi del profilo mutazionale di oltre 7.000 cellule individuali ha dimostrato che l’ordine con il quale le due mutazioni compaiono nelle cellule staminali è importante.

“Ad esempio - chiarisce Vannucchi - se la cellula staminale acquisisce prima la mutazione di JAK2 e successivamente di TET2, si sviluppa più facilmente una policitemia vera e il paziente è a rischio elevato di sviluppare trombosi. Al contrario, se viene acquisita prima la mutazione del gene TET2, è più probabile che si tratti di un paziente più anziano e che presenti una trombocitemia. Anche il profilo di espressione genica globale della cellula e la capacità di proliferare e differenziare - prosegue il docente - è influenzato dalla sequenza con cui compaiono le mutazioni. Infine, l’efficacia terapeutica di farmaci JAK2 inibitori - conclude Vannucchi - è risultata maggiore nei casi in cui la mutazione JAK2V617F compariva per prima.”

“Le nostre osservazioni - commenta Vannucchi - potrebbero avere importanza più generale per la comprensione delle mutazioni genetiche e del loro impatto sull’origine e il comportamento di tutti i tumori.” 
Fonte://www.unifi.it/

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