sabato 24 agosto 2013

Un trucco magnetico e uno “zip” per rilevare la coscienza

La ricerca, pubblicata su Science Translational Medicine, fa luce sui meccanismi di base dell’esperienza soggettiva e apre la possibilità di rivelare la presenza di coscienza anche in pazienti che sono completamente disconnessi dall’ambiente esterno. 

Non è ancora chiaro quali aspetti del funzionamento del cervello siano fondamentali per l’emergere della coscienza. Per questo, nella pratica clinica valutiamo il livello di coscienza di un paziente sulla base della sua capacità di reagire a stimoli e comandi come “stringi il pugno”, oppure “apri gli occhi”. Tuttavia, sappiamo molti pazienti cerebrolesi sono coscienti ma incapaci di rispondere, semplicemente perché non sono in grado di elaborare gli stimoli o perché sono completamente paralizzati.

“Per affrontare questo problema” spiega Marcello Massimini, coordinatore dello studio e professore di neurofisiologia all’Università degli Studi di Milano, “abbiamo cercato di misurare direttamente ciò che, almeno in teoria, rende il cervello così speciale per la coscienza: la sua incredibile capacità di integrare informazione”. 

In pratica, i ricercatori hanno compresso, o “zippato”, l’informazione generata dall’intero cervello quando questo viene attivato da un forte stimolo magnetico, più o meno come vengono “zippate” le immagini digitali prima di essere inviate per email. “L’idea” spiega ancora Massimini “è che più informazione il cervello genera come un tutto integrato, meno saremo in grado di comprimere le sue risposte a una perturbazione. In estrema sintesi, bussiamo sul cervello e misuriamo la complessità dell’eco che esso produce.”

Questa nuova misura è stata messa alla prova dai ricercatori in diverse condizioni fisiologiche, farmacologiche e patologiche in cui la coscienza si riduce, scompare e riappare, come la veglia, il sonno profondo, il sogno, l’anestesia e il recupero dal coma. In tutti i casi in cui la coscienza era ridotta, o abolita, l’eco del cervello era facilmente comprimibile e in tutti i casi in cui la coscienza era presente le risposte erano complesse, e quindi difficili da zippare. 
In questo modo, gli scienziati sono stati in grado di costruire, per la prima volta, una scala di misura affidabile lungo lo spettro che va dall’incoscienza alla coscienza. Una scala oggettiva che può essere utilizzata per rivelare la presenza di coscienza anche in pazienti che sono totalmente isolati dal mondo esterno.

“Al di là della loro importanza clinica” aggiunge Massimini “questi risultati confermano, per la prima volta, l’ipotesi che la coscienza ha che fare con la capacità del cervello di integrare informazione, ovvero con una quantità incredibile di informazione concentrata in un singolo oggetto. Una cosa più unica che rara nell’universo fisico.”

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