Bergamo- Un farmaco normalmente utilizzato per curare alcune malattie del sangue, il rituximab, riduce di circa cinque volte le ricadute di una grave malattia renale – la sindrome nefrosica ricorrente - che colpisce soprattutto i bambini e i giovani adulti.
Le persone affette da questa malattia, che è causata da un disturbo del sistema immunitario, perdono grandi quantità di proteine nelle urine. A lungo andare questo può portare alla progressiva distruzione dei reni e a gravi danni al cuore e ai vasi. Le cure disponibili, cortisone e vari farmaci immunosoppressori, sono poco efficaci e molto tossiche, aumentando il rischio di ipertensione, diabete, problemi ossei, infezioni e tumori. I bambini, poi, con alte dosi di cortisone, smettono di crescere normalmente.
“Dopo la somministrazione del rituximab il numero di ricadute è diminuito in tutti i pazienti – dice Piero Ruggenenti (capo del Dipartimento di Medicina Renale del Centro Daccò e Nefrologo dell’Azienda Ospedaliera Papa Giovanni XXXIII) - e nella maggioranza dei casi la malattia non si è più ripresentata durante tutta la durata dello studio. Questo risultato è stato ottenuto con una singola dose di farmaco, quando normalmente se ne utilizzano quattro o più”.
“Ma la cosa ancora più importante - aggiunge Giuseppe Remuzzi direttore dei centri di ricerca del Mario Negri di Bergamo e del Dipartimento di Medicina dell’Azienda Ospedaliera Papa Giovanni XIII – è che nella metà dei pazienti abbiamo potuto sospendere completamente tutti i farmaci e nell’altra metà siamo riusciti comunque a ridurre le dosi sia del cortisone che degli altri immunosoppressori”. “E i bambini sono tornati a crescere normalmente” conclude Francesco Emma, direttore dell’Unità di Nefrologia del Bambin Gesù.
Lo studio, cui è stato dato il nome di NEMO, è stato finanziato dal Ministero della Salute e ha coinvolto 30 pazienti, di cui 10 bambini. I risultati sono stati pubblicati dal Journal of the American Society of Nephrology (JASN)
Fonte: www.marionegri.it/
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